Se qualcuno cercasse uno
straccio di tema reale, comprensibile alla gente comune, su cui si sta
avvitando lo psicodramma nel gruppo dirigente del Pd, rimarrebbe con un sacco
vuoto in mano.
Sembra di assistere ad una
soap opera, e della peggiore qualità, per giunta. Un valzer intorno al vuoto
che vede alternarsi sul proscenio una truppa di figuranti che cianciano
istericamente di cose incomprensibili, lontane anni luce dai drammi quotidiani
di milioni di persone che da costoro attendono risposte ai propri problemi.
Risposte che non verranno perché l’oggetto del contendere fra quegli
inguardabili duellanti non sono diverse strategie politiche, diverse concezioni
dei rapporti sociali, diverse terapie per rispondere alla crisi. Non c’è nulla
di tutto questo nella commedia che va in onda a reti unificate, con i
maggiorenti del partito (apparentemente) impegnati a sbranarsi, a minacciarsi, poi
a riappacificarsi, per poi di nuovo dividersi, di puntata in puntata, di rinvio
in rinvio del redde rationem, che non
avviene mai su ciò che conta davvero, perché non c’è proprio nulla di
sostanziale su cui consumare una insanabile rottura.
Nulla, beninteso, se non il
potere, intorno al quale si sviluppano trame, alleanze che si consumano nel
volgere di pochi giorni o di poche ore perché frutto di convenienze e ambizioni
personali prive di progetto e di visione politica.
Sarebbe un esercizio vano
cercare nell’assemblea di ieri un solo intervento nel quale siano stati evocati
temi come la disoccupazione, la povertà, la disuguaglianza, il decadimento del
sistema di protezione sociale, o l’esproprio della sovranità popolare da parte
di una Ue che serve solo gli interessi speculativi del capitale finanziario, o
il dramma di un processo migratorio al quale si sanno dare soltanto risposte
repressive.
No! Il vero contenzioso
spazia su altri scenari: da una parte Renzi, che cerca di sopravvivere a se
stesso andando rapidamente ad un confronto interno che sbaragli l’ opposizione
interna e lo riproponga come padrone indiscusso di un Pd definitivamente
trasformato in partito personale del suo capo; dall’altra i suoi competitori,
che di Renzi si vogliono liberare, tanto come candidato alla presidenza del
consiglio quanto come segretario del partito. E che per farlo hanno bisogno di
cuocerlo a fuoco lento, tenendolo lontano dal potere e protraendo sino a
scadenza naturale, fino al 2018, la vita dell’inguardabile governo-fotocopia di
Gentiloni.
Ebbene, ce n’è uno, uno
soltanto, fra costoro, che si stia minimamente preoccupando della manovra da
3mld e 400ml (fra tagli alla spesa e nuove tasse) che il governo si è impegnato
a varare entro aprile, obbedendo al diktat con cui l’Ue ha intimato all’Italia
di saldare il conto delle spudorate mance elettorali di Renzi? No, non ce n’è
nemmeno uno. Vivono – tutti quanti – in una bolla sospesa in aria, alimentata
dal servilismo dei media di regime.
Una rottura profonda,
tuttavia, si sta davvero creando. E’ la rottura fra questo modo di intendere la
politica e i cittadini.
Urge una risposta a sinistra,
per ora assente.
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