Nel mare magnum dell’ipocrisia politica c’è davvero posto per tutti.
Non c’è forza politica, nel
centrosinistra e persino nel centrodestra, che non affermi, con più o meno
grande enfasi retorica, di riconoscersi nella Legge fondamentale del Paese.
Anche se è vero l’esatto contrario, anche se da decenni il potere, chiunque ne
sia stato il detentore, abbia fatto di tutto per smontarne, pezzo dopo pezzo, i
principi fondativi.
All’apice della malafede,
costoro si rifugiano dietro la tesi che è questione di interpretazione, come se
la Costituzione fosse una profezia sibillina e la si potesse tirare di qui o di
là come una pallina da flipper.
Allora, per venire in chiaro,
proviamo a ricordare ciò che in essa sta scritto a lettere inequivocabili, o si ricava
senza ombra di dubbio alcuno dalla lettura del testo.
Per cominciare, che la
Repubblica è fondata sul lavoro, non sul profitto, o sul mercato; che la
sovranità appartiene al popolo, non alle banche; che sono imprescindibili i
doveri di solidarietà politica, economica e sociale; che senza uguaglianza
reale e non solo formale dei cittadini non c’è libertà e che perciò il diritto
al lavoro, alla salute, all’istruzione, all’assistenza sociale, ad un reddito
che permetta una vita dignitosa e una vecchiaia serena sono principi
inderogabili.
E ancora: che l’Italia
ripudia la guerra e bandisce ogni politica guerrafondaia; che la Repubblica
garantisce il diritto di asilo allo straniero al quale sia impedito nel suo
paese l’esercizio delle libertà democratiche previste dalla Costituzione
italiana; che la legge deve determinare i programmi e i controlli opportuni
affinché l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in contrasto con
l’interesse sociale o recando danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità
umana; che ove il profitto violi questi pilastri del patto sociale, la
proprietà deve essere espropriata dallo Stato per essere consegnata ad enti
pubblici, a comunità di lavoratori o di cittadini; che dev’essere garantita la
piena libertà sindacale; che è compito del potere pubblico istituire una tassazione
che sia non soltanto proporzionale, ma progressiva, perché chi più possiede più
deve contribuire alla formazione delle risorse necessarie a
finanziare politiche redistributive; che la Repubblica rende effettivo il
diritto allo studio sino ai più alti gradi anche a coloro che sono privi di
mezzi; che enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di
educazione, ma senza oneri per lo Stato; che la Repubblica coordina e controlla
l’esercizio del credito per evitare speculazioni ed abusi; che le pene
carcerarie non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e
che i funzionari dello stato sono direttamente responsabili degli atti compiuti
in violazione dei diritti dei cittadini.
Sta anche scritto nella
Costituzione che è intangibile la divisione dei poteri, legislativo, esecutivo,
giudiziario, e che mai bisogna permettere al potere esecutivo, al governo,
quale che esso sia, di sottomettere o condizionare l’indipendenza degli altri
poteri senza che sia compromessa alla radice la democrazia.
La XII delle disposizioni
transitorie e finali della Costituzione dice, solennemente, che è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, mentre
la XVIII disposizione afferma che la Costituzione dovrà essere fedelmente
osservata come legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini oltre che dagli organi dello Stato.
Ebbene, c’è una sola neonata
coalizione elettorale che possa dire, limpidamente, senza amnesie, censure,
omissioni, o furbizie, di lavorare e lottare per la piena applicazione della
Carta. Essa raccoglie la parte più debole del paese, tutti e tutte coloro che in
ogni aspetto della vita subiscono la la violenza sopraffattrice delle classi
dominanti e che hanno deciso di non subire più facendo proprio della
Costituzione il proprio vessillo e il proprio programma. Si chiama Potere al Popolo.
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