Negli sviluppi della crisi di governo aperta da Salvini c’è un fatto positivo ed uno solo, sebbene non secondario.
Il caporione leghista
che arringava le masse rivendicando per sé pieni poteri, come Mussolini nel ’22
e Hitler nel ’33, ha fatto harakiri, come il Riccardo Terzo della tragedia
shakespeariana.
L’intenzione di
provocare la fine della legislatura e andare a nuove elezioni per riscuotere il
dividendo elettorale che gli attribuivano i sondaggi era manifesta come lo era
il suo progetto politico: superare con Fratelli d’Italia la soglia fatidica del
40 per cento, disporre della maggioranza assoluta in parlamento, eleggere il
futuro presidente della Repubblica, cambiare la Costituzione in forma
presidenziale, ipotecare il Csm e la Corte costituzionale, occupare tutte le
posizioni di potere, rafforzare i poteri dell’esecutivo.
Fascismo?
Cripto-fascismo? Para-fascismo? Oppure niente di tutto questo “perché la storia
non si ripete”? Lascio questa contesa alle sottili quanto inutili querelle
pseudo-intellettualistiche che paiono valzer intorno al vuoto.
So per certo che
l’intenzione, anche questa non dissimulata, era quella di costruire – passo
dopo passo – le condizioni di una svolta profondamente autoritaria, di una
mutazione istituzionale profonda, estranea non soltanto alla democrazia
costituzionale, ma anche alla democrazia liberale (primato del parlamento, Stato
di diritto, divisione dei poteri), lungo una traiettoria di formale
liquidazione dell’antifascismo come identità della nazione. Negarne il
carattere eversivo significa indossare i panni del manzoniano don Ferrante che,
come ognuno ricorda, morì di peste negandone l’esistenza.
E’ altrettanto evidente
che il Pd abbia cercato di intestarsi la funzione di baluardo contro il
salvinismo, rilanciando – pro domo sua – la coazione elettoralistica bipolare
che ha condizionato, anche grazie al sistema elettorale maggioritario, la
dinamica politica degli ultimi venticinque anni. Ma ciò non toglie che il
pericolo di un governo di estrema destra fosse (sia) un pericolo reale.
Bene, dunque, che si sia
formato un governo che per il momento scongiura “quel” rischio incombente.
Tuttavia, i fatti
positivi finiscono qui, perché in nessun modo il governo Pd-M5S può
rappresentare qualcosa di positivo per il Paese.
La decisione di Sinistra
italiana di entrare nel governo è un fatto grave, perché ripropone la
subalternità di quella formazione al Pd. Non conterà nulla e sarà un vaso
d’argilla fra vasi di ferro; dovranno bere, a colpi di fiducia, ogni sorta di
nefandezza. La loro scelta segna, con tutta evidenza, la fine de “La Sinistra”,
la coalizione elettorale che aveva alimentato qualche speranza.
Quello nato in
parlamento è il governo “Ursula Von Der Leyen”, espressione dei poteri forti e
dell’establishment finanz-capitalistico europeo. Con il di più di confusione,
di dilettantismo e di trasformismo che sono caratteri tipici della storia
politica patria nelle fasi di crisi e di decadenza morale.
A questo governo occorre
opporsi con ogni determinazione. Per farlo è indispensabile che ciò che rimane
della frastagliata, litigiosa, ultraminoritaria sinistra di classe di tutte le
confessioni, trovi la forza, la maturità di rompere gli steccati
dell’autoreferenzialità, di finirla con la lotta intestina fra “mosche
cocchiere” e provi a costruire un programma di svolta politica capace di
parlare a grandi masse, di interloquire senza presunzione né sudditanze con i
movimenti sociali e con i sindacati, tutti i sindacati.
Sembra che una qualche
resipiscenza si stia facendo strada: occorre coltivare con serietà questa
neonata virtù, per dare un senso a ciò che si fa, considerato che, sino ad oggi,
tutti i micro-partiti della sinistra-sinistra sono usciti dai radar, non solo
dei media ma, ciò che più conta, delle larghe masse degli sfruttati.
C’è un documento in 10
punti sottoscritto da una cinquantina di intellettuali [1][1], con una latitudine politica
che va da Tomaso Montanari a Guido Viale, intitolato “Dieci punti per un
governo che riparta dalla Costituzione”, tale da rappresentare un terreno
utilissimo per rilanciare un terreno condiviso di azione politica e sociale.
Non contiene tutto: il capitolo “lavoro”, ad esempio, deve essere sostanziato
con precise proposte su salario e pensioni, serve dire cose ben più robuste su
Europa e alleanze militari, ma nel suo insieme indica un percorso molto
interessante e tendenzialmente, almeno a me pare così, unificante.
Credo, infine, che
questo percorso vada intrapreso tanto a Brescia quanto a livello nazionale.
Forse quando lo proponemmo lo scorso anno le cose non erano ancora mature. Oggi
lo sono di più.
Guido Viale, intitolato
“Dieci punti per un governo che riparta dalla Costituzione”, tale da
rappresentare un terreno utilissimo per rilanciare un processo condiviso di
azione politica e sociale. Non contiene tutto: il capitolo “lavoro”, ad
esempio, deve essere sostanziato con precise proposte su salario e pensioni,
serve dire cose ben più robuste su Europa e alleanze militari, ma nel suo
insieme indica un percorso molto interessante e tendenzialmente, almeno a me
pare così, unificante.
Credo, infine, che
questo percorso vada intrapreso tanto a Brescia quanto a livello nazionale.
Forse quando lo proponemmo lo scorso anno le cose non erano ancora mature. Oggi
lo sono di più.
Dieci punti per un governo che
riparta dalla Costituzione
Il momento è serio: è il momento di essere seri.
Non possiamo dire che c’è un pericolo fascista, e subito dopo annegare in
quelle incomprensibili miserie di partito che hanno così tanto contribuito al
discredito della politica e alla diffusa voglia del ritorno di un capo con
«pieni poteri». I limiti del Movimento 5 Stelle e del Partito Democratico sono
tanti, gravi ed evidenti. Ma se, per entrambi, può esistere il momento del
riscatto: ebbene, è questo. Da cittadini, da donne e uomini fuori dalla politica dei
partiti ma profondamente preoccupati dell’interesse generale, proponiamo di partire dall’adozione di questi dieci punti
fondamentali, interamente ispirati al progetto della Costituzione antifascista
della Repubblica.
E in particolare al suo cuore, l’articolo 3 che tutela le differenze (di
genere, di cultura, di razza, di religione) e impegna tassativamente a
rimuovere le disuguaglianze sostanziali. È del tutto evidente che ognuno di
questi punti comporta un impegno pressante dell’Italia nella ricostruzione di una
Unione Europea che provi ad assomigliare a quella immaginata a Ventotene, e
cioè in armonia e non in opposizione al progetto della nostra Costituzione.
1. Legge elettorale
proporzionale pura: l’unica che faccia scattare tutte le garanzie previste dalla
Costituzione. Per mettere in sicurezza la Costituzione stessa: cioè la
democrazia.
2. L’ambiente al
primo posto: la decarbonizzazione per combattere il cambiamento climatico,
l’impegno per una giustizia ambientale, locale e globale, come unica strada per
la salvezza della Terra. Dunque: difesa dei beni pubblici: a partire dall’acqua
e dalla città. Unica Grande Opera: messa in sicurezza di territorio e
patrimonio culturale, nel più stretto rispetto delle regole, e attuata
attraverso un piano straordinario di assunzione pubblica. Moratoria di tutte le
grandi opere (Tav incluso), e consumo di suolo zero. Un piano per le aree
interne e un piano per la mobilità che parta dai territori, dalle esigenze
delle persone e dei pendolari. Piano pubblico di riconversione ecologica
della produzione e del consumo incentrato
sull’efficienza energetica e sul recupero dei materiali di scarto.
3. Lotta alle mafie e
alla corruzione.
Costruire una giustizia più efficiente investendo
risorse, mezzi e personale necessari. Garantire
l’autonomia della magistratura e la sua rappresentatività nell’organo di
autogoverno.
4. Ricostruzione della
progressività fiscale e imposte sulla ricchezza (imposta
di successione e patrimoniale) e revisione costituzionalmente orientata della
spesa pubblica, a partire dalla drastica riduzione della spesa militare.
L’autonomia differenziata, che è di fatto la
secessione delle regioni più ricche, va fermata: restituendo invece centralità alle
politiche per il Mezzogiorno.
5. La libertà delle
donne come metro di un’intera politica di governo: lotta senza quartiere alla violenza sulle donne;
perseguire l’obiettivo della parità nella occupazione e salariale; congedo di
paternità obbligatoria, asili nido pubblici e gratuiti, assistenza agli anziani
e alle persone disabili, campagne per la condivisione dei compiti di cura, etc.
6. Lotta alla povertà: reddito
di base vero (diretto a tutti coloro che percepiscono meno del 60 % del reddito
mediano del Paese, accompagnato da politiche
attive del lavoro e interventi formativi volti alla promozione sociale e civile
della persona), e attuazione del diritto
all’abitare.
7. Parità di diritti per
tutti i lavoratori e le lavoratrici (ovunque e comunque
lavorino), a partire dal diritto soggettivo alla formazione per tutto l’arco
della vita. Lotta alla precarietà,
salario minimo e ripristino dell’articolo 18.
8. Progressivo
rifinanziamento del Fondo sanitario nazionale e programma
di assunzioni di operatori e professionisti del Servizio sanitario nazionale, i
cui standard devono essere omogenei e non differenziati per regione.
9. Abolizione del reato
di immigrazione clandestina, abrogazione dei decreti sicurezza e politica di accoglienza verso i migranti orientata sulla Costituzione
e sull’assoluto rispetto dei diritti umani.
10. Restituire scuola e
università alla missione costituzionale, negata dalla
stratificazione di pessime riforme: formazione dei cittadini e sviluppo
del pensiero critico.
Velio Abati, Angela Barbanente, Piero Bevilacqua, Anna Maria Bianchi, Ginevra Bompiani,
Adrian Bravi, Carlo Cellamare, Luigi Ciotti, Francesca Danese, Vezio De
Lucia, Gianni Dessì, Donatella Di Cesare, Paolo Favilli, Giulio Ferroni, Goffredo
Fofi, Nadia Fusini, Luca Guadagnino, Maria Pia Guermandi, Francesca Koch,
Ernesto Longobardi, Maria Pace Lupoli, Laura Marchetti, Franco Marcoaldi,
Lorenzo Marsili, Alfio Mastropaolo, Ignazio Masulli, Tomaso Montanari, Rosanna
Oliva, Francesco Pallante, Enzo Paolini, Pancho Pardi, Rita Paris, Valentina
Pazè, Livio Pepino, Tonino Perna, Anna Petrignani, Antonio Prete, Mimmo Rafele,
Andrea Ranieri, Lidia Ravera, Marco Revelli, Pino Salmè, Battista Sangineto, Loretta
Santini, Giuseppe Saponaro, Enzo Scandurra, Beppe Sebaste, Toni
Servillo,
Paola Splendore, Corrado Stajano, Sarantis Thanapoulis, Alessandro Trulzi,
Nicla Vassallo, Guido Viale, Vincenzo Vita.