lunedì 19 giugno 2017

L’Mdp ruzzola alla prima prova






Alla prima vera prova che avrebbe dovuto certificarne le buone intenzioni, il Movimento dei democratici e dei  progressisti nato dalla miniscissione del Partito democratico, scivola clamorosamente nello stagno limaccioso del più vieto e antico politicismo.
D’Alema, Bersani e compagnia cantante hanno infatti deciso di abbandonare l’aula quando in parlamento sarà posta ai voti la proposta di legge che reintroduce i voucher nell’ordinamento lavoristico del nostro paese.
Questi cuor di leone hanno pensato che tutto possa risolversi con il più tiepido quanto ininfluente segnale di dissenso.
Si tratta in realtà della più vergognosa ipocrisia poiché l’effetto della fuga dal voto sarà unicamente quello di abbassare il quorum necessario affinché la legge passi. Dunque, i transfughi dal Pd avranno un ruolo decisivo nel reintrodurre quella forma di lavoro schiavile che il governo Gentiloni era stato costretto a revocare al fine di evitare che fosse celebrato il referendum, nella certezza che il responso popolare avrebbe abrogato l’infame normativa, suonando le campane a morto per il governo “fotocopia”.
Il motivo di questa mossa geniale? Fingere di prendere le distanze dal provvedimento, lasciando pienamente operanti le forche caudine sotto le quali devono prostrarsi i lavoratori per accedere ad un lavoro purchessia, e contemporaneamente salvare la pelle al governo altrimenti costretto alla resa.
L’Mdp considera cioè sacrificabile una fondamentale battaglia di civiltà e di dignità al gioco cinico sul futuro della legislatura ingaggiato con Renzi.
A questi sedicenti democratici nonché progressisti non importa nulla dei lavoratori, dei loro diritti e neppure della volontà popolare. Il 4 dicembre non è per loro che uno sbiadito ricordo. E suona insopportabilmente beffarda e cialtronesca quell’intestazione del movimento all’articolo 1 della Costituzione che impone di radicare nel lavoro la democrazia repubblicana.
Essi non sono altro che la stampella dell’ordine costituito. Eppure, la pattuglia che ha dato vita alla nuova formazione politica vorrebbe accreditarsi come espressione di una sinistra rinnovata, diversa dalla casa madre da cui ha – provvisoriamente – esodato.
Ebbene, nessuna coalizione di forze seriamente intenzionata a contrapporsi alle politiche liberiste e antisociali che rappresentano lo stigma dei poteri dominanti può imparentarsi con questa gente.
Farlo significherebbe perdere in partenza ogni credibilità, fare morire nella culla la speranza di un radicale rinnovamento della sinistra e riconsegnare il Paese a chi lo sta dissanguando.

Non siamo interessati a riesumare accrocchi elettoralistici che inseguono il solo scopo di assicurare qualche visibilità e munifiche rendite di posizione a personaggi che hanno concorso a liquidare le più importanti conquiste sociali frutto delle grandi battaglie del secolo scorso.

lunedì 12 giugno 2017

La vera sfida è attuare il progetto politico e sociale che vive nella Costituzione




Nelle acque torbide della politica-politicante che infesta il nostro paese accade una cosa bizzarra, sebbene non nuova, che merita qualche attenzione.
Dopo la sconfitta subita dal genio guastatori che voleva seppellire la Costituzione irrompe sulla scena un piccolo esercito di esodati dal Pd che approvarono il “pacco” renziano e tutti gli obrobri prodotti dal mantra liberista, ma che ora provano ad intestarsi l’esito referendario nell’intento di rifarsi a buon mercato una problematica verginità politica. Sono i miracoli del trasformismo di cui la politica italiana è stata sempre prodiga.
In vista delle prossime elezioni, costoro si ripropongono sul mercato e vagheggiano la costruzione di una coalizione di soggetti politici accomunati dal proclamarsi “alla sinistra del Pd”, dall’intenzione di formare massa critica sufficiente per varcare la soglia di sbarramento e guadagnare l’agognato ingresso nel parlamento nazionale.
Chiamano tutti e tutte a raccolta, ma non si capisce bene, o non si capisce affatto, quale sia il progetto politico di cui dovrebbero farsi interpreti. A dire il vero citano (genericamente e un po’ goffamente) la Costituzione, da gran tempo dimenticata, ma che oggi “fa fico”. Ma non vanno oltre.
Noi, che pensiamo davvero ad un programma di impronta Costituzionale e ad una coalizione di forze sociali, di partiti, di movimenti, di intellettuali che si battano concretamente per realizzare la legge fondamentale dello Stato, sfidiamo i Bersani, i D’Alema, i Pisapia e quant’altri sentono la seduzione di questa allegra brigata a confessare se, in coerenza con il dettato costituzionale, sarebbero disponibili a sottoscrivere un programma che preveda di:
-      ripristinare la sovranità popolare violata dai trattati europei e revocare l’adesione al patto di stabilità, ripudiando tutte le politiche di austerity che hanno messo il paese in ginocchio entrando in collisione con l’intero impianto della Carta;
-      cancellare dal testo costituzionale il vincolo del pareggio di bilancio che contraddice la priorità assoluta dei fondamentali diritti di cittadinanza e delle misure economiche necessarie a renderli effettivi;
-      riaffermare il primato della programmazione economica da parte della mano pubblica e la subordinazione dell’attività privata all’interesse sociale;
-      promuovere un grande piano per il lavoro che persegua l’obiettivo della piena occupazione, anche attraverso la riduzione dell’orario di lavoro;
-      rompere con le politiche di privatizzazione dei servizi sociali e ricostruire un welfare forte ed inclusivo;
-      archiviare il Jobs act, le norme punitive che hanno precarizzato il lavoro, ripristinare l’articolo 18 e il diritto ad un salario e ad una pensione dignitosa;
-      varare una nuova politica sull’immigrazione, fondata sull’accoglienza e su politiche di integrazione sociale;
-      ripristinare la progressività dell’imposta sul reddito;
-      prevedere un piano di rilancio della scuola e dell’università pubbliche, revocando ogni trasferimento di risorse pubbliche alla scuola privata;
-      ritirare i nostri contingenti militari da tutti i teatri di guerra, abbattere le spese militari, uscire dall’Alleanza atlantica.
Ecco, signori, se è questo che intendete, noi ci stiamo. Ma sappiamo che avete altro per la testa e ne avete dato ampia prova. Ma una parte consistente e sin qui muta del nostro popolo questo programma potrebbe prenderlo nelle proprie mani. E farne un manifesto di vero e proprio patriottismo costituzionale.

lunedì 5 giugno 2017

L’ennesima “porcata” elettorale






Alla fine, i maggiori partiti (Pd, M5S, Forza Italia, Lega) si sono messi d’accordo e si accingono a varare, a ridosso delle elezioni, il nuovo sistema elettorale dal quale sortirà il nuovo parlamento, illegittimo e indecente come l’attuale, fatto di nominati dalle segreterie dei partiti o, più precisamente, dai loro capi, contro ogni principio di rappresentatività e, ancora una volta, contro ciò che prevede la Costituzione e contro le sentenze della Consulta che hanno bocciato i famigerati “porcellum” e “italicum”.
Per coprire il misfatto, forse perché consapevoli di quanto sia ignobile il patto stipulato, si sono tutti rifugiati sotto il cappello del modello tedesco, dichiarando di avere copiato da quello.
Altra plateale menzogna! In Germania (ma su questo sorvolano) si vota in modo disgiunto: un voto per il candidato indicato nel collegio uninominale ed un altro per le liste di partito nel proporzionale.
Il voto unico, invece, traghetta direttamente la scelta compiuta per il candidato nell’uninominale sulla lista di partito collegata, una lista bloccata dove il potere di scelta dei cittadini elettori è pari a zero.
Il combinato disposto fra questa norma e lo sbarramento del 5%, che preclude ad una forza che raccoglie fino a 3 milioni di elettori di essere rappresentata in parlamento, viene imposto per impedire alle minoranze qualsiasi visibilità nello spazio pubblico, monopolizzato dalle forze maggiori.
E così il gioco è fatto.
Non c’è neppure la foglia di fico della cosiddetta “governabilità”, perché, in realtà, nessuno dei grandi raggruppamenti che si contenderanno il potere può realisticamente pensare di incassare il premio di maggioranza, che scatterebbe solo ove uno di essi superasse il 40% dei voti.
Dunque, ciò che si prepara è il peggio del peggio: una legge nella forma proporzionale, ma in realtà cucita sulle forze maggiori, concepita per ridurre dentro quel recinto asfittico la contesa politica, relegando nel ghetto e nella invisibilità tutto ciò che non rientra nel palinsesto del teatro politico, attribuendo agli apparati di partito e alle loro corti un peso esorbitante.
Dopo il voto, la banda dei 4 (Renzi, Grillo, Berlusconi, Salvini) si giocherà la partita delle alleanze nel proprio cortile di casa. Le affinità elettive sono già chiarissime e “Renzusconi “ è alle porte.
Le elezioni non sono certo tutto nella vita democratica di un paese, ma in questo modo si annulla anche il tanto o il poco di giurisdizione che rimane al cittadino elettore, al quale si chiede soltanto di sottoscrivere una delega in bianco, un affidamento senza condizioni che equivale ad una resa.
Il fatto è che un’alternativa credibile a sinistra non è ancora nata. I Pisapia, i Bersani, i D’Alema non fanno che intorbidire le acque già stagnanti. Essi non rappresentano la soluzione, essendo piuttosto parte – e quanto grande – del problema. Il loro incolore “menopeggismo” si riduce ad un’ennesima manifestazione di subalternità ai poteri costituiti.
Se vogliamo scrollarci di dosso questi vecchi arnesi dobbiamo fare come France insoumise: parlare al paese, forti di un progetto di radicale svolta politica e sociale, fatto di uguaglianza e solidarietà. Molto, se non tutto, è già scritto nella Costituzione.