C’è qualcosa di oscuro nel
comunicato con il quale Anna Falcone e Tommaso Montanari, promotori
dell’iniziativa del Brancaccio, hanno deciso di ritirarsi dal campo, rigettando
“equanimemente” tanto la decisione unilateralmente assunta da Mdp, Sinistra
italiana e Possibile di formare una propria lista con un proprio programma,
propri candidati ed un proprio leader estratto dal cilindro della mai esausta
nomenclatura politica, quanto la determinazione di Rifondazione comunista di
sottrarsi a questa rimasticatura di consunte pratiche verticistiche, utili solo
a riciclare nel teatrino politico uomini che hanno calcato tutte le stagioni e
che oggi si candidano a riprodurne i miasmi, appena mascherati da un tiepidissimo
riformismo che ha in un nuovo centrosinistra il proprio orizzonte culturale, il
proprio invalicabile perimetro politico.
Ebbene, noi avevamo
apprezzato la radicalità con la quale Montanari (ben più che Falcone, a onor
del vero) aveva posto la necessità di una svolta nei contenuti che dovrebbero
connotare un progetto di profonda trasformazione del paese nel senso tracciato dalla
Costituzione antifascista: una visione della società in chiara rottura con i
compromessi politicisti e con le politiche reazionarie prodotte in egual modo
dai governi di centrodestra e di centrosinistra.
Avevamo condiviso con
Montanari il giudizio di irriformabilità del Pd, da tempo e irreversibilmente
approdato sulle sponde del liberalismo.
Ebbene, la troika composta da
Mdp, Si e Possibile ha ampiamente dimostrato di muoversi su un’altra lunghezza
d’onda. Per questo ha fatto saltare il banco rivelando quello che era già
visibile ad occhio nudo: costoro si muovono entro l’ordine costituito, non
contro di esso. E non è certo un caso se anche nelle file di quei partiti stia
salendo la protesta di quanti vedono che i loro capi stanno portando acqua ad
un altro mulino.
Il listone alla sinistra del
Pd auspicato da Montanari e Falcone era, con tutta evidenza, un’accozzaglia
contraddittoria, nella quale convivevano progetti politici e sociali
inconciliabili.
Possibile che almeno
Montanari non se ne sia reso conto? Possibile che egli oggi si ponga in una
posizione di simmetrica, ostile equidistanza, come se le profonde ragioni di
merito che hanno portato alla rottura non siano che dettagli insignificanti,
come se ci si trovasse di fronte ad opposti settarismi?!
E poi viaggia un’altra palese
mistificazione.
Rifondazione non sta
lavorando ad una “propria lista con l’aggiunta di altri soggetti”, come
scrivono Falcone e Montanari.
Rifondazione ha semmai aderito
ad un movimento dal basso che non si è rassegnato al fallimento del Brancaccio
per mettere in moto un percorso partecipativo di soggettività politiche e sociali,
di singole persone che ne faccia vivere sul serio spirito, metodo e contenuti.
Senza primogeniture, né
maggiorenti, né sacerdoti, né garanti che si erigano ad arbitri del destino
comune.