Lo sforzo generoso di molti e
di molte che hanno creduto e sinceramente sperato di trovare nella convenzione
del Brancaccio l’incipit di un processo capace di portare ad una coalizione di forze sociali e
politiche, di movimenti, di soggettività non addomesticate dal politicantismo,
uniti nella determinazione di non soccombere
sotto i colpi del liberismo imperante, ha trovato un ostacolo insormontabile
nella troika formata da Mdp, Sinistra italiana e Possibile che hanno tentato di
sequestrate quel progetto, stravolgendolo e mutandolo nel suo opposto.
Come è evidente di fronte
alla prova dei fatti, costoro non pensano affatto di costruire un’alternativa
programmatica al Partito democratico.
Costoro si propongono unicamente
di disarcionare Renzi per riprendersi il governo del partito, senza mutarne la
linea di fondo, senza opporgli una visione dei rapporti sociali che faccia
davvero piazza pulita dello scempio che i governi di centrodestra e di
centrosinistra hanno fatto della Costituzione repubblicana, dei diritti
sociali, della libertà coniugata con l’uguaglianza che dovrebbero rappresentare
la bussola del rinnovamento radicale che oggi si impone come una necessità
assoluta.
Il centrosinistra rimane il
perimetro entro il quale si muove la compagnia di giro che tenta di
contrabbandarsi presso la disorientata opinione pubblica “come nuova sinistra”.
Alla presa d’atto che di
questo si tratta non deve tuttavia corrispondere un “rompete le file”, un mesto
abbandono del campo.
Al contrario, una volta tolto
di mezzo l’equivoco che avrebbe trasformato l’ambizioso progetto di voltare
pagina nella riedizione di vecchi metodi e di vecchie politiche; una volta
chiarito che non si tratta di riciclare nei luoghi della rappresentanza
istituzionale personaggi che tanta responsabilità portano nel degrado di questo
tempo presente; una volta constatato che esiste nel corpo sociale un’autentica
disponibilità ad un cambiamento sostanziale, si tratta di volgere altrove lo
sguardo, come sabato hanno invitato a fare le centinaia di giovani che avevano
preso parte al Brancaccio, i quali non hanno alcuna intenzione di sgomberare
per lasciare il campo al politicantismo di coloro che si candidano a non
cambiare nulla.
Hanno chiamato a raccolta
tutti i non rassegnati in un’assemblea che si è svolta al teatro Italico per
dire che “se nessuno si fa carico dei nostri bisogni proveremo a rappresentarci
da soli”.
Un discorso semplice, chiaro
e straordinariamente maturo, anche perché privo di arroganza, e tuttavia consapevole
che il tempo di alzare la testa è ora.
Quei ragazzi e quelle ragazze
(lavoratori precari, disoccupati, classe media in declino, studenti disperati,
pensionati poveri) hanno detto che non ci stanno a vedersi calare addosso una
pietra tombale, stretta fra populismo reazionario e pseudo-riformismo, uniti
nel disinteresse verso chi occupa i gradini più bassi della gerarchia sociale.
Rifondazione è andata a
quell’incontro e ha risposto che sarà della partita, che vi concorrerà
profondendovi tutta la passione dei propri militanti e che se una lista di
sinistra può e deve nascere, nascerà da qui, in un percorso democratico, dal
basso, senza ipoteche di maggiorenti e sacerdoti, perché questa è la rotta
giusta.
Siamo dunque ai prodromi di
una novità importante e di una svolta, che non ha come obiettivo soltanto
quello di non mancare un appuntamento elettorale, ma di rappresentare un
investimento per il futuro. Il futuro della sinistra e del paese.
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