martedì 16 gennaio 2018

La razza degli imbecilli



 Negli ultimi secoli, ma soprattutto nel XX secolo, si è tentato più volte, sebbene con scarso successo, di conferire dignità scientifica all’esistenza delle razze e, al loro interno, di una gerarchia che ne colloca alcune al di sopra di altre, o di tutte le altre.
Oggi, malgrado gli esiti storicamente devastanti di quelle teorie, ci si riprova.
L’idea secondo cui una parte dell’umanità possiede uno status spirituale e morale privilegiato ha i suoi sostenitori in coloro che sono convinti che Adamo ed Eva, progenitori dell’intera umanità, furono creati da Dio con la pelle bianca.
In definitiva, i bianchi sarebbero superiori agli altri per decisione originaria di Dio.
Gli altri popoli, e in particolare quelli dal pigmento nero, sarebbero il frutto di una degenerazione dal ceppo originario.
Ma è stata proprio una scienza, la genetica, a risolvere, decisamente e definitivamente, il problema filosofico, sociale e politico del concetto di altro inteso come “diverso da noi”.
Perché nell’ambito della specie homo sapiens l’altro, semplicemente, non esiste.
Esiste soltanto nelle farneticazioni persecutorie che sono servite ad appiccicare ad altri popoli lo stigma di “non umano”, a giustificarne l’emarginazione, l’oppressione e, infine, lo sterminio.
Così l’invenzione delle razze è stata all’origine dei peggiori misfatti che l’umanità ha compiuto contro se stessa.
Possiamo dunque riassumere la questione come segue:

Esistono razze umane?
No!

Esistono “altri diversi da noi” nell’ambito della comune specie umana?
Ciascuno di noi è diverso da ogni altro, ma nessuno è “diverso da noi”, qualsiasi sia il gruppo di umani che intendiamo con “noi”.

Un bianco è diverso da un nero?
No! La massima diversità dei bianchi tra di loro e la massima diversità dei neri tra di loro è di gran lunga maggiore di quella media tra un bianco e un nero.

E se c’è una qualche differenza, dove ha origine?
Le differenze che ravvisiamo o sono irrilevanti o sono una costruzione della nostra mente, della cultura dominante, una costruzione “ideologica”. L’“altro da noi” semplicemente non esiste.
Le sole differenze che contano davvero sono quelle determinate dallo sfruttamento di classe e dall’oppressione di genere.

Oggi, in un clima di imbarbarimento culturale e sociale, ha libero corso il becero razzismo fascio-leghista che prova a spiegare la vita grama del popolo, spogliato di tutto dalla rapina perpetrata dai padroni universali e dai governi ad essi asserviti, con la presenza di coloro che stanno ancor peggio, perché costretti ad abbandonare le loro terre martoriate da spoliazioni, guerre, genocidi.

Il candidato del Centrodestra alla presidenza della Regione Lombardia, il leghista Attilio Fontana, emulo del padanesimo originario, ha rilanciato invitando ad una rivolta della “razza bianca” per la difesa della “nostra” presunta purezza identitaria a rischio di estinzione.

Non ha detto come, il rappresentante del Carroccio, ma si possono riconoscere i suoi ispiratori, da Julius Evola a Benito Mussolini.

E’ vero, non esistono le razze ma, come si può vedere, le madri degli imbecilli sono sempre gravide!

lunedì 8 gennaio 2018

La Costituzione non si interpreta, si applica: Potere al Popolo!



Nel mare magnum dell’ipocrisia politica c’è davvero posto per tutti.
Non c’è forza politica, nel centrosinistra e persino nel centrodestra, che non affermi, con più o meno grande enfasi retorica, di riconoscersi nella Legge fondamentale del Paese. Anche se è vero l’esatto contrario, anche se da decenni il potere, chiunque ne sia stato il detentore, abbia fatto di tutto per smontarne, pezzo dopo pezzo, i principi fondativi.
All’apice della malafede, costoro si rifugiano dietro la tesi che è questione di interpretazione, come se la Costituzione fosse una profezia sibillina e la si potesse tirare di qui o di là come una pallina da flipper.
Allora, per venire in chiaro, proviamo a ricordare ciò che in essa sta scritto a lettere inequivocabili, o si ricava senza ombra di dubbio alcuno dalla lettura del testo.
Per cominciare, che la Repubblica è fondata sul lavoro, non sul profitto, o sul mercato; che la sovranità appartiene al popolo, non alle banche; che sono imprescindibili i doveri di solidarietà politica, economica e sociale; che senza uguaglianza reale e non solo formale dei cittadini non c’è libertà e che perciò il diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, all’assistenza sociale, ad un reddito che permetta una vita dignitosa e una vecchiaia serena sono principi inderogabili.
E ancora: che l’Italia ripudia la guerra e bandisce ogni politica guerrafondaia; che la Repubblica garantisce il diritto di asilo allo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’esercizio delle libertà democratiche previste dalla Costituzione italiana; che la legge deve determinare i programmi e i controlli opportuni affinché l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in contrasto con l’interesse sociale o recando danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana; che ove il profitto violi questi pilastri del patto sociale, la proprietà deve essere espropriata dallo Stato per essere consegnata ad enti pubblici, a comunità di lavoratori o di cittadini; che dev’essere garantita la piena libertà sindacale; che è compito del potere pubblico istituire una tassazione che sia non soltanto proporzionale, ma progressiva, perché chi più possiede più deve contribuire alla formazione delle risorse necessarie a finanziare politiche redistributive; che la Repubblica rende effettivo il diritto allo studio sino ai più alti gradi anche a coloro che sono privi di mezzi; che enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, ma senza oneri per lo Stato; che la Repubblica coordina e controlla l’esercizio del credito per evitare speculazioni ed abusi; che le pene carcerarie non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e che i funzionari dello stato sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti dei cittadini.
Sta anche scritto nella Costituzione che è intangibile la divisione dei poteri, legislativo, esecutivo, giudiziario, e che mai bisogna permettere al potere esecutivo, al governo, quale che esso sia, di sottomettere o condizionare l’indipendenza degli altri poteri senza che sia compromessa alla radice la democrazia.
La XII delle disposizioni transitorie e finali della Costituzione dice, solennemente, che è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, mentre la XVIII disposizione afferma che la Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini oltre che dagli organi dello Stato.
Ebbene, c’è una sola neonata coalizione elettorale che possa dire, limpidamente, senza amnesie, censure, omissioni, o furbizie, di lavorare e lottare per la piena applicazione della Carta. Essa raccoglie la parte più debole del paese, tutti e tutte coloro che in ogni aspetto della vita subiscono la la violenza sopraffattrice delle classi dominanti e che hanno deciso di non subire più facendo proprio della Costituzione il proprio vessillo e il proprio programma. Si chiama Potere al Popolo.

lunedì 1 gennaio 2018

Potere al popolo!



 Non sarà facile vincere la battaglia. Non sarà facile combattere la cupa rassegnazione che ha inghiottito tanti e tante che non credono più nella possibilità di cambiare le cose, di invertire la deriva della propria vita, di costruire un futuro dignitoso per sé e per i propri figli, di poter immaginare che gli esseri umani associati, riuniti in libere e democratiche istituzioni possano diventare padroni del loro comune destino, sottraendolo allo sfruttamento, alla sopraffazione dei più forti, alla delirante pretesa del capitale di asservire l’umanità al profitto di pochi.

Noi, invece, non cediamo al pessimismo, malgrado gli avversari, i “padroni universali”, sembrino dotati di una forza soverchiante. E coltiviamo la speranza che, come ci ricordava il grande Pablo Neruda, “ha due bellissime figlie: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle”.

Fra due mesi si andrà a votare per le elezioni politiche.
Noi, da comunisti, sappiamo bene che nelle elezioni non si riassume tutta la vita politica.
La politica reale vive, quotidianamente, nelle lotte, nel conflitto sociale, nella tessitura di reti solidali. E la ribellione si riaccende, sempre, anche dopo le più severe sconfitte, perché nessuno è mai riuscito “a mettere le brache al mondo”.

Oggi, certo, è più difficile, perché la sinistra è uscita tramortita da sconfitte epocali, una parte di essa si è disintegrata, un’altra ha rinnegato la propria storia saltando dall’altra parte della barricata e perdendo se stessa, mentre il movimento operaio, un tempo non lontanissimo protagonista di straordinarie battaglie di emancipazione e di riscatto collettivo, è rinculato dentro recinti sempre più ristretti, privo di bussola e di timonieri all’altezza del compito.

Ma c’è qualcosa di nuovo sotto il plumbeo cielo d’Italia. E’ nato, per iniziativa di un gruppo di ragazzi e di ragazze, un movimento nuovo, giovane eppure incredibilmente maturo. Un movimento che in poco tempo è stato capace di unire pezzi della sinistra che ancora si può fregiare di questo nome e di mettere a fattor comune un programma politico convincente, incardinato sui principi e sui valori della Costituzione antifascista, forte di un’idea di società che salda libertà ed uguaglianza, indisponibile a ripiegare nel tran tran del politicantismo corrotto ed impotente, intenzionato a rovesciare l’ordine di cose presente.

Questo movimento ha dato vita ad una coalizione che si presenterà alle elezioni sfidando l’insignificanza dei mezzi a disposizione, l’oscuramento dei media, contando sulle sole energie che emanano dalla passione militante e dal disinteresse personale.

E’ un movimento che parla a chi da tempo immemorabile non ha più rappresentanza, dunque alla maggioranza della popolazione, ed ora vuole fare da sé, rinunciando a mentori e sacerdoti.
Si è denominato “Potere al Popolo”, perché al popolo appartiene la sovranità, come recita l’articolo 1 della Costituzione.
Come prima di morire scrisse Enrico Berlinguer: “Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia”.