lunedì 25 settembre 2017

I servi e i loro astuti padroni





Al dunque, Pd, Forza Italia e Lega si sono messi d’accordo, almeno così sembra, sulla nuova legge elettorale.
Diciamo subito come funziona.
Due terzi dei parlamentari vengono eletti in base al metodo proporzionale. Qui ogni partito presenta un listino bloccato, da due a quattro candidati, scelti dai capi bastone. Ciò che conta è solo l’ordine in graduatoria per cui, a maggior ragione, si tratterà di nominati, privi di qualsiasi rapporto con l’elettorato, con i cittadini ridotti a portatori di voti.

L’altro terzo viene scelto col maggioritario in collegi uninominali dove vince chi arriva primo ma, ecco la novità, con la possibilità di unirsi in coalizione di più soggetti, anche minuscoli o persino inventati per la bisogna, che in ragione della loro utilità marginale, possono all’interno di ciascuno dei 330 collegi, fare pendere il piatto della bilancia da una parte o dall’altra.

Per questo mercimonio potranno contare sulla riconoscenza delle forze maggiori e, soprattutto, su un artifizio introdotto nel meccanismo elettorale che consente a chi si mette in coalizione di essere eletto anche solo con l’1% dei consensi, circa 300 mila voti, mentre per chi corre da solo rimane la soglia di sbarramento al tre per cento.
In questa ennesima gara truccata, in pole position è certamente il centrodestra, per vocazione capace di riunire sulla propria arca di Noè i raggruppamenti più surreali, capi lobbies e vere e proprie liste civetta, capaci di attrarre modeste ma utilissime porzioni di elettorato, tradizionalmente legate – nei diversi territori – a tribù che prosperano nell’area del voto di scambio, nel clientelismo, nell’abitudine a lucrare privilegi, grandi e piccoli, sul favore.

Solo a nominarli, voltastomaco a parte, si rischia di dimenticare qualcuno: dal Movimento animalista della Brambilla alla Rivoluzione Cristiana di Rotondi, fino al rosario dei valvassori che rispondono ai noti capo-clan, come Verdini, Fitto, fino alla rediviva Udeur di Mastella, sempre pronta per ogni avventura elettorale e alla destra di Storace e Alemanno. Poi vedrete che nel caravanserraglio troverà il modo di entrare anche qualche formazione della destra fascista, pronta a guadagnare il proprio posto al sole nel nuovo arco incostituzionale.

E il Pd? Sebbene con meno chance aggregative (Renzi è riuscito a inimicarsi mezzo mondo) cercherà di fare la stessa cosa. Con Alfano, magari con il tremebondo Pisapia e con quant’altri fra gli orfani dell’Ulivo non resisteranno insensibili alle sirene che chiamano all’ammucchiata, perché alla fine un posto in parlamento val bene un inciucio.
E i programmi? Ma cosa c’entrano i programmi, la politica vera, da lungo tempo latitante, in un quadro così profondamente degenerato? Meno di nulla. E infatti da entrambe le sponde, entrambe succubi dei poteri forti, nessuno ne parla. Le scelte si fanno altrove, ai maggiordomi solo il compito di mettere le posate in tavola.

lunedì 18 settembre 2017

Chi come e perché produce la disoccupazione





Periodicamente siamo inflazionati da finti dibattiti televisivi sulla disoccupazione.
Con poche eccezioni, pseudo-politologi, improvvisati spin doctors, giornalisti perditempo, sociologi che somigliano a fattucchiere che scrutano il futuro nella palla di cristallo discettano sulla drammatica condizione di una generazione condannata alla disoccupazione o al lavoro precario e servile o all’emigrazione in cerca di fortuna.
Raramente il piagnisteo tocca il cuore del problema e pressoché nessuno si spinge sino ad afferrare la cruda verità e cioè che la disoccupazione è figlia legittima delle politiche economiche e sociali promosse dall’Unione europea, sottoscritte con l’accordo di Maastricht da tutti i paesi che fanno parte dell’eurogruppo. In Italia tanto dai governi di centrodestra quanto da quelli di centrosinistra.
L’obiettivo dichiarato di quei trattati, la missione sociale perseguita è quella di affermare il mantra della competizione e il primato dell’autorità dei poteri finanziari, traducendo le leggi del mercato in dogmi ed in leggi dello Stato, di tutti gli Stati membri.

L’obiettivo è presto spiegato. Se i capitali circolano liberamente, gli investitori faranno confluire i loro fondi verso i paesi in cui maggiori sono i profitti, sicché le politiche economiche nazionali saranno concepite in funzione di una competizione per accreditarsi come il contesto capace di assicurare al meglio la rendita più elevata. Il che sarà appannaggio dell’ordinamento nazionale che più favorisce la moderazione salariale, rende la manodopera particolarmente flessibile e abbassa la pressione fiscale sulle imprese. Con l’aggiunta di una riduzione della spesa sociale e di un drastico ridimensionamento del perimetro di azione dei poteri pubblici.
Il divieto per gli Stati di effettuare investimenti in deficit, di produrre lavoro, chiude ogni spazio di redistribuzione della ricchezza e di alimentazione della domanda.
Tutto il valore della produzione viene incassato dall’impresa e l’avanzo primario viene sequestrato per ridurre gli interessi sul debito.
La disoccupazione, dunque si cronicizza.
Ma essa non è un incidente di percorso, una conseguenza indesiderata di una linea di rigore monetario.
Essa è perseguita con metodo perché consente l’indebolimento dei sindacati, agevola politiche di riduzione dei salari e di compressione dei diritti individuali e collettivi, annichilisce lo stato sociale e abbatte drasticamente le spese in previdenza, sanità e istruzione, promuove politiche di privatizzazione dei servizi sociali che da diritti esigibili diventano merci da acquistare sul mercato: la politica non controlla, bensì sostiene il mercato e usa la sua forza per riprodurlo e inscriverne le regole nelle tavole della legge.
L’Unione europea impiccata ai parametri di Maastricht è insomma un Superstato di polizia economica, il custode intransigente dell’ortodossia ordoliberale chiamato a realizzare quanto auspicato da J.P. Morgan, il colosso finanziario statunitense tra i principali responsabili della cisi economica e finanziaria scoppiata nel 2007, che in un suo documento chiede di affossare le costituzioni europee generate dalla “forza politica guadagnata dai partiti di sinistra al crollo del fascismo”.
Continueremo a sprofondare nelle sabbie mobili finché non romperemo queste catene che ci stanno riducendo in schiavitù.

lunedì 11 settembre 2017

Così li stiamo aiutando a casa loro





 Bisogna spiegarlo bene a tutti e a tutte, perché nessuno e nessuna in questo paese ripiegato su se stesso possano fingere di non avere sentito o di non avere capito: il governo italiano a guida Pd sta attivamente operando, con uomini e mezzi forniti alla Guardia costiera libica, per contenere l’esodo dei disperati dalle coste africane e per chiuderli dentro campi di concentramento, veri e propri lager gestiti da quelle stesse milizie che fino ad oggi hanno speculato e guadagnato sulla tratta umana dei viaggi della speranza e che ora si dedicano all’affare ancora più lucrativo di sfruttare quelle masse inermi di disperati senza terra e senza diritti.
Si legge in un rapporto di Medici senza frontiere consegnato in questi giorni all’Unione europea che sono 400.000 gli esseri umani nelle mani di trafficanti e milizie, fra quanti cercano di partire e quanti sono reclusi nelle centinaia di campi dove regna l’arbitrio più assoluto, dove si infligge sistematicamente ogni sorta di violenza, di umiliazione fisica e morale, dove lo stupro delle donne è pratica corrente.
Tutto ciò avviene con la piena complicità del governo di Tripoli, foraggiato con 46 milioni dal governo italiano che grazie a questo lavoro sporco svolto dalla Libia per conto nostro ora celebra con enfasi elettoralistica la diminuzione degli sbarchi in territorio italiano.
Si sta ripetendo, sotto la nostra diretta responsabilità, quanto avvenuto su ancora più larga scala con il patto infame con cui l’Unione europea ha consegnato ai lager turchi di Erdogan due milioni di siriani in fuga dalla
guerra in cambio di 6 miliardi di euro.
Così l’Italia, al pari di tutto il resto d’Europa, con quei trenta denari ha definitivamente liquidato i fondamentali principi su cui aveva costruito la propria rinascita dopo l’ecatombe della seconda guerra mondiale.
Di quell’Europa – e di quell’Italia - non resta più nulla.
Nelle stanze buie di Bruxelles e di Francoforte, dove si amministrano i riti del monetarismo selvaggio e si fondano le politiche liberiste, si sta attuando con ferocia la distruzione del welfare, delle pensioni, della sanità dell’intero sistema di protezione sociale, insieme al salasso dei salari, alla privatizzazione tutto ciò che può essere messo a mercato, all’usurpazione delle costituzioni nazionali ove si afferma, con una formula che ormai suona irrisione, che la sovranità appartiene al popolo.
Non deve sorprendere che dove gli affari dell’oligarchia dominante hanno preso il sopravvento e spazzato via qualsiasi idealità cooperativa e solidale si pratichi l’espropriazione dei più deboli, fuori e dentro i confini nazionali, fra i migranti e fra i nativi, contrapposti cinicamente gli uni agli altri.
Il capolavoro di costoro sta proprio nella narrazione, divenuta di senso comune, secondo cui la povertà da cui si è afflitti non viene dalla politica di saccheggio delle classi dominanti, che colpisce in tutte le direzioni, ma dall’esodo dei disperati dalle terre dove i cultori dello slogan “aiutiamoli a casa loro” hanno portato solo guerre e rapina.
Il nostro compito primario è quello di rendere chiaro tutto ciò che si vuole tenere nascosto, sbugiardare i fabbricanti di menzogne e di odio razziale, unire i poveri contro i ricchi in una lotta per il riscatto comune: su questa scommessa si gioca il futuro democratico dell’Italia.