Al dunque, Pd, Forza Italia e
Lega si sono messi d’accordo, almeno così sembra, sulla nuova legge elettorale.
Diciamo subito come funziona.
Due terzi dei parlamentari
vengono eletti in base al metodo proporzionale. Qui ogni partito presenta un
listino bloccato, da due a quattro candidati, scelti dai capi bastone. Ciò che
conta è solo l’ordine in graduatoria per cui, a maggior ragione, si tratterà di
nominati, privi di qualsiasi rapporto con l’elettorato, con i cittadini ridotti
a portatori di voti.
L’altro terzo viene scelto
col maggioritario in collegi uninominali dove vince chi arriva primo ma, ecco
la novità, con la possibilità di unirsi in coalizione di più soggetti, anche
minuscoli o persino inventati per la bisogna, che in ragione della loro utilità
marginale, possono all’interno di ciascuno dei 330 collegi, fare pendere il
piatto della bilancia da una parte o dall’altra.
Per questo mercimonio
potranno contare sulla riconoscenza delle forze maggiori e, soprattutto, su un
artifizio introdotto nel meccanismo elettorale che consente a chi si mette in
coalizione di essere eletto anche solo con l’1% dei consensi, circa 300 mila
voti, mentre per chi corre da solo rimane la soglia di sbarramento al tre per
cento.
In questa ennesima gara
truccata, in pole position è certamente il centrodestra, per vocazione capace
di riunire sulla propria arca di Noè i raggruppamenti più surreali, capi
lobbies e vere e proprie liste civetta, capaci di attrarre modeste ma
utilissime porzioni di elettorato, tradizionalmente legate – nei diversi
territori – a tribù che prosperano nell’area del voto di scambio, nel
clientelismo, nell’abitudine a lucrare privilegi, grandi e piccoli, sul favore.
Solo a nominarli,
voltastomaco a parte, si rischia di dimenticare qualcuno: dal Movimento
animalista della Brambilla alla Rivoluzione Cristiana di Rotondi, fino al
rosario dei valvassori che rispondono ai noti capo-clan, come Verdini, Fitto,
fino alla rediviva Udeur di Mastella, sempre pronta per ogni avventura
elettorale e alla destra di Storace e Alemanno. Poi vedrete che nel
caravanserraglio troverà il modo di entrare anche qualche formazione della
destra fascista, pronta a guadagnare il proprio posto al sole nel nuovo arco incostituzionale.
E il Pd? Sebbene con meno
chance aggregative (Renzi è riuscito a inimicarsi mezzo mondo) cercherà di fare
la stessa cosa. Con Alfano, magari con il tremebondo Pisapia e con quant’altri
fra gli orfani dell’Ulivo non resisteranno insensibili alle sirene che chiamano
all’ammucchiata, perché alla fine un posto in parlamento val bene un inciucio.
E i programmi? Ma cosa
c’entrano i programmi, la politica vera, da lungo tempo latitante, in un quadro
così profondamente degenerato? Meno di nulla. E infatti da entrambe le sponde,
entrambe succubi dei poteri forti, nessuno ne parla. Le scelte si fanno
altrove, ai maggiordomi solo il compito di mettere le posate in tavola.