lunedì 18 settembre 2017

Chi come e perché produce la disoccupazione





Periodicamente siamo inflazionati da finti dibattiti televisivi sulla disoccupazione.
Con poche eccezioni, pseudo-politologi, improvvisati spin doctors, giornalisti perditempo, sociologi che somigliano a fattucchiere che scrutano il futuro nella palla di cristallo discettano sulla drammatica condizione di una generazione condannata alla disoccupazione o al lavoro precario e servile o all’emigrazione in cerca di fortuna.
Raramente il piagnisteo tocca il cuore del problema e pressoché nessuno si spinge sino ad afferrare la cruda verità e cioè che la disoccupazione è figlia legittima delle politiche economiche e sociali promosse dall’Unione europea, sottoscritte con l’accordo di Maastricht da tutti i paesi che fanno parte dell’eurogruppo. In Italia tanto dai governi di centrodestra quanto da quelli di centrosinistra.
L’obiettivo dichiarato di quei trattati, la missione sociale perseguita è quella di affermare il mantra della competizione e il primato dell’autorità dei poteri finanziari, traducendo le leggi del mercato in dogmi ed in leggi dello Stato, di tutti gli Stati membri.

L’obiettivo è presto spiegato. Se i capitali circolano liberamente, gli investitori faranno confluire i loro fondi verso i paesi in cui maggiori sono i profitti, sicché le politiche economiche nazionali saranno concepite in funzione di una competizione per accreditarsi come il contesto capace di assicurare al meglio la rendita più elevata. Il che sarà appannaggio dell’ordinamento nazionale che più favorisce la moderazione salariale, rende la manodopera particolarmente flessibile e abbassa la pressione fiscale sulle imprese. Con l’aggiunta di una riduzione della spesa sociale e di un drastico ridimensionamento del perimetro di azione dei poteri pubblici.
Il divieto per gli Stati di effettuare investimenti in deficit, di produrre lavoro, chiude ogni spazio di redistribuzione della ricchezza e di alimentazione della domanda.
Tutto il valore della produzione viene incassato dall’impresa e l’avanzo primario viene sequestrato per ridurre gli interessi sul debito.
La disoccupazione, dunque si cronicizza.
Ma essa non è un incidente di percorso, una conseguenza indesiderata di una linea di rigore monetario.
Essa è perseguita con metodo perché consente l’indebolimento dei sindacati, agevola politiche di riduzione dei salari e di compressione dei diritti individuali e collettivi, annichilisce lo stato sociale e abbatte drasticamente le spese in previdenza, sanità e istruzione, promuove politiche di privatizzazione dei servizi sociali che da diritti esigibili diventano merci da acquistare sul mercato: la politica non controlla, bensì sostiene il mercato e usa la sua forza per riprodurlo e inscriverne le regole nelle tavole della legge.
L’Unione europea impiccata ai parametri di Maastricht è insomma un Superstato di polizia economica, il custode intransigente dell’ortodossia ordoliberale chiamato a realizzare quanto auspicato da J.P. Morgan, il colosso finanziario statunitense tra i principali responsabili della cisi economica e finanziaria scoppiata nel 2007, che in un suo documento chiede di affossare le costituzioni europee generate dalla “forza politica guadagnata dai partiti di sinistra al crollo del fascismo”.
Continueremo a sprofondare nelle sabbie mobili finché non romperemo queste catene che ci stanno riducendo in schiavitù.

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