Nell’atmosfera surreale di
una capitale blindata e presidiata dai mezzi pesanti dell’esercito, tanto da
sembrare in stato d’assedio, si è svolta sabato la celebrazione del
sessantesimo anniversario dei trattati di Roma.
Il bronzeo ottimismo ostentato
dai 27 leader europei non poteva – e in effetti non ha potuto – nascondere
l’evidenza del fallimento di un’Unione Europea della quale restano in piedi
solo i muri, le barriere, i fili spinati eretti per difendere la fortezza
continentale dall’esodo delle vittime del neocolonialismo moderno e delle
guerre esportate nel nome della democrazia, ma in realtà scatenate per lucrare
profitti.
C’era ben poco da festeggiare
e la retorica di cui è imbevuta la dichiarazione finale non fa che stridere con
il vuoto pneumatico che ne caratterizza i contenuti. Eppure i convitati
scherzano, danno di gomito e fanno battute come amiconi ad un pranzo di
coscritti.
Sono in disaccordo su tutto, i
27, meno che sui trattati che formano l’ossatura delle politiche liberiste: tutti
lì a difendere come un sol uomo l’intangibilità dell’ingranaggio infernale che
sta affamando i cittadini , abolendo i diritti sociali, umiliando il lavoro,
revocando la sovranità dei paesi membri, ormai privi di potere reale, avocato a
sé da un’oligarchia di banchieri e di burocrati del capitale.
Giornaloni e giornalini (da
Repubblica al Corriere, passando per l’Unità) hanno retto il moccolo a questa
indegna esibizione, spacciata per un rilancio dell’afflato unitario. E c’è stato persino chi, come il presidente
Mattarella, ha finto di credere nell’esordio di una “nuova fase costituente”. O
chi ha provato a inventarsi una parentela fra il mostro edificato da Maastricht
in avanti e il Manifesto di Ventotene con cui, dal confino di polizia, Altiero
Spinelli, Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann avevano immaginato la costruzione
di un’Europa come confederazione di Stati socialisti, affrancata dalla
dominazione dei potentati finanziari.
Sabato hanno manifestato, in
modo del tutto pacifico, alcune migliaia di persone, giunte a Roma per
denunciare il carattere fraudolento dei trattati europei e per dire che per
salvare l’Europa, i popoli che in essa vivono e ciò che resta della democrazia
occorre disfarsi della camicia di forza, della tenaglia che sta stritolando la
nostra Costituzione.
La stampa asservita al
potere, quasi tutte le testate e le emittenti televisive, come al solito
opportunamente imboccate, hanno per
giorni profetizzato la calata a Roma dei famigerati “black bloc”, che armati di
tutto punto avrebbero compiuto il sacco della città.
Verranno in duemila da tutta
Europa - avevano detto i responsabili dell’intelligence, esperti nei diversivi
e nella luciferina capacità, messa tante volte in mostra, di lasciare
liberamente scorrazzare poche centinaia di guastatori per potere poi infangare decine
di migliaia di pacifici manifestanti. Ma del “blocco nero” non si è vista
traccia. Eppure tanto è bastato a creare un clima di paura e a scoraggiare la
partecipazione al corteo, ad indurre i negozianti ad abbassare le serrande.
Presa col sorcio in bocca la questura di Roma ha emesso un comunicato in cui si
dice che “è stato sventato un chiaro progetto di devastazione”. I protagonisti?
Ben 30 persone a cui è stato notificato il foglio di via obbligatorio.