lunedì 6 marzo 2017

Affari di famiglia



 L’affare Consip ha scoperchiato il vaso di Pandora, da cui escono miasmi irrespirabili. Da lì è uscito il brodo di coltura del renzismo che si può così riassumere: il rampollo di casa Renzi ha scalato il Pd e se n’è impadronito grazie al sostegno economico di un groviglio di interessi più che opaco, composto da finanzieri d’assalto, da palazzinari, da speculatori, da spregiudicati imprenditori i quali, essendo tutto meno che filantropi dediti al bene comune, sono poi tornati a bussare alle porte del potere per riscuotere i dividendi del loro investimento.
Questa è la sostanza più autentica che tracima dall’ultimo episodio di malversazione, particolarmente rivelatore per le dimensioni del fatto corruttivo e perché si infila come una lama nel cuore del sistema di potere renziano e persino nella sua famiglia.
Seguiremo gli sviluppi degli aspetti giudiziari della vicenda, ma quale che ne sia l’evoluzione è sin d’ora chiaro che il Partito democratico è ormai corroso da un processo degenerativo fatto di amicizie impresentabili, di familismo, anche geografico, e da un intrico di relazioni amicali che promana dal centro e si estende, giù per li rami, alle periferie più lontane. Ne è profondamente contaminato l’intero partito che non sembra più essere nelle mani dei suoi elettori ma dei padroni delle tessere pagate con poste pay.
La famosa “rottamazione” all’insegna di un nuovismo purificatore, come quella precedente di impronta berlusconiana, si è risolta nella riedizione del più putrido intreccio fra affari e politica, che ha condotto alla rapida ascesa nel firmamento politico di autentici lestofanti.
Illuminante anche la reazione degli ultimi fuoriusciti dal Pd, quelli che hanno dato vita alla nuova formazione denominata “Democratici e progressisti”. Loro chiedono che il ministro Lotti, coinvolto nell’affaire, faccia “un passo di lato”.
Badate la sottigliezza, “un passo di lato” e non dimissioni. Sì, perché non sia mai che la soluzione più radicale metta in crisi il governo e si faccia con ciò il gioco di Renzi che vuole ad ogni costo pervenire alle elezioni prima che la troppa astinenza dalle stanze del potere lo faccia uscire lesso come un cappone.
Che il governo fotocopia Gentiloni non sia in grado di compiere un solo atto di governo di qualche significato e che la situazione del Paese precipiti senza che un cane si preoccupi delle conseguenze che ricadono sulla parte più debole della società è l’ultima preoccupazione degli uni e degli altri.
Ecco come si ragiona (si fa per dire) da quelle parti.
Sulla strada delle manfrine politiciste c’è però un inciampo: la mozione di sfiducia al ministro Lotti del M5S. Cosa farà il neonato Mdp? Andrà in soccorso del sodale di Renzi caduto in disgrazia? Inaugurerà il proprio esordio politico con un peloso e compromettente atto di clemenza?  Resterà unito o si dividerà? Si aprono le scommesse. Vedrete che prevarranno gli interessi di bottega.
La questione morale, in quanto questione politica  – lo aveva già capito Berlinguer oltre 30 anni fa – non ha più corso legale in questo paese.

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