Nelle acque torbide della politica-politicante
che infesta il nostro paese accade una cosa bizzarra, sebbene non nuova, che
merita qualche attenzione.
Dopo la sconfitta subita dal
genio guastatori che voleva seppellire la Costituzione irrompe sulla scena un
piccolo esercito di esodati dal Pd che approvarono il “pacco” renziano e tutti
gli obrobri prodotti dal mantra liberista, ma che ora provano ad intestarsi l’esito
referendario nell’intento di rifarsi a buon mercato una problematica verginità
politica. Sono i miracoli del trasformismo di cui la politica italiana è stata
sempre prodiga.
In vista delle prossime
elezioni, costoro si ripropongono sul mercato e vagheggiano la costruzione di
una coalizione di soggetti politici accomunati dal proclamarsi “alla sinistra
del Pd”, dall’intenzione di formare massa critica sufficiente per varcare la
soglia di sbarramento e guadagnare l’agognato ingresso nel parlamento
nazionale.
Chiamano tutti e tutte a
raccolta, ma non si capisce bene, o non si capisce affatto, quale sia il
progetto politico di cui dovrebbero farsi interpreti. A dire il vero citano
(genericamente e un po’ goffamente) la Costituzione, da gran tempo dimenticata,
ma che oggi “fa fico”. Ma non vanno oltre.
Noi, che pensiamo davvero ad
un programma di impronta Costituzionale e ad una coalizione di forze sociali,
di partiti, di movimenti, di intellettuali che si battano concretamente per
realizzare la legge fondamentale dello Stato, sfidiamo i Bersani, i D’Alema, i
Pisapia e quant’altri sentono la seduzione di questa allegra brigata a
confessare se, in coerenza con il dettato costituzionale, sarebbero disponibili
a sottoscrivere un programma che preveda di:
-
ripristinare la
sovranità popolare violata dai trattati europei e revocare l’adesione al patto
di stabilità, ripudiando tutte le politiche di austerity che hanno messo il paese
in ginocchio entrando in collisione con l’intero impianto della Carta;
-
cancellare dal
testo costituzionale il vincolo del pareggio di bilancio che contraddice la
priorità assoluta dei fondamentali diritti di cittadinanza e delle misure
economiche necessarie a renderli effettivi;
-
riaffermare il
primato della programmazione economica da parte della mano pubblica e la
subordinazione dell’attività privata all’interesse sociale;
-
promuovere un
grande piano per il lavoro che persegua l’obiettivo della piena occupazione,
anche attraverso la riduzione dell’orario di lavoro;
-
rompere con le
politiche di privatizzazione dei servizi sociali e ricostruire un welfare forte
ed inclusivo;
-
archiviare il
Jobs act, le norme punitive che hanno precarizzato il lavoro, ripristinare
l’articolo 18 e il diritto ad un salario e ad una pensione dignitosa;
-
varare una nuova
politica sull’immigrazione, fondata sull’accoglienza e su politiche di
integrazione sociale;
-
ripristinare la
progressività dell’imposta sul reddito;
-
prevedere un
piano di rilancio della scuola e dell’università pubbliche, revocando ogni
trasferimento di risorse pubbliche alla scuola privata;
-
ritirare i nostri
contingenti militari da tutti i teatri di guerra, abbattere le spese militari,
uscire dall’Alleanza atlantica.
Ecco, signori, se è questo
che intendete, noi ci stiamo. Ma sappiamo che avete altro per la testa e ne
avete dato ampia prova. Ma una parte consistente e sin qui muta del nostro
popolo questo programma potrebbe prenderlo nelle proprie mani. E farne un
manifesto di vero e proprio patriottismo costituzionale.
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