lunedì 17 aprile 2017

La fotografia di un paese ingiusto, decadente e senza guida



Mentre il governo spaccia la moneta falsa dell’ottimismo e nella presentazione del documento di economia e finanza si diffonde nella narrazione di un paese quasi in stato di grazia, il Rapporto Istat fotografa (almeno in parte) lo stato reale del paese, quello che i cittadini vivono sulla propria pelle, non esorcizzabile dalle fole che vivono nelle veline che Palazzo Chigi fa diffondere dalla stampa addomesticata, cioè quasi tutto il mainstream.

Ebbene, la realtà è quella di un’Italia in stato di regressione economica e sociale pesante, ben al di sotto della media europea e in alcuni settori nel fondo della classifica dei 28 stati dell’Ue, con l’eccezione della Grecia, massacrata dalle misure imposte dalla troika.

Sul decisivo fronte del lavoro scopriamo che 4 persone su 10, nella fascia fra i 20 e i 64 anni sono disoccupate, mentre il lavoro precario, quello che ha generato una legione di lavoratori poveri, non diminuisce, ma semmai aumenta, grazie ai disastri provocati dal Jobs Act.

Il gap con il Mezzogiorno sta diventando una voragine, ma non potrebbe che essere così, considerata la caduta degli investimenti pubblici e privati, l’abbandono di ogni progetto di infrastrutturazione del paese e il conseguente collasso della produzione industriale.

Proprio in queste ore, a Gioia Tauro, il porto calabrese affacciato sul Mar Tirreno, la Mct licenzia 400 operai, mentre l’Alitalia manda a spasso 1700 lavoratori dichiarati in esubero strutturale e taglia i salari dei superstiti dell’8%.

Proseguiamo. L’Istat ci dice che 8,7 milioni di cittadini versano in pesanti difficoltà economiche e 4,5 milioni di questi vivono in condizioni di povertà assoluta, vale a dire di grave deprivazione intesa come “incapacità di acquisire uno standard di vita minimo accettabile” (non potersi permettere un pasto proteico almeno ogni 2 giorni, il riscaldamento dell’abitazione, non riuscire a fronteggiare spese impreviste e neppure quelle prevedibili come muto, affitto, bollette, debiti).

Il pil pro-capite è in Italia del 4,5% inferiore alla media europea, del 9,2% rispetto alla Francia e del 23% rispetto alla Germania.

Per la prima volta nella storia della Repubblica l’aspettativa di vita è in calo generalizzato in tutte le regioni, più forte nelle regioni meridionali. Il motivo è semplice: è diminuito l’impegno per la prevenzione e la spesa sanitaria pesa per quasi un quarto sulle spalle dei cittadini che ormai disertano le cure e persino l’acquisto di medicinali.

Si allarga la forbice della disuguaglianza. Anche questo è un dato percepibile ad occhio nudo, ma che le statistiche inesorabilmente rilevano: la grande maggioranza delle famiglie percepisce un reddito inferiore alla media nazionale.

Vedremo fra breve anche dove colpirà la stangata con cui il governo intende recuperare i 3,4 miliardi con cui diminuire il rapporto deficit/pil come preteso dall’Ue che minaccia di aprire contro il nostro paese la procedura di infrazione in ossequio al patto di stabilità, ma già si parla di aumento dell’Iva e delle accise.
La disuguaglianza accentua e moltiplica le ingiustizie.
Il referendum del 4 dicembre non ha insegnato nulla a un potere sordo e arroccato su se stesso.

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