lunedì 11 dicembre 2017

Potere al popolo: un seme destinato a germogliare



 “Voi avete bisogno di me, perché io sono ricco e voi povero; stipuliamo dunque un patto fra noi: permetterò che abbiate l’onore di servirmi a patto che mi diate il poco che vi resta in cambio del disturbo che mi prendo nel comandarvi”.

Si esprimeva così il grande Jean Jacques Rousseau, meritandosi una letterale citazione di Marx nel primo libro del Capitale, per avere descritto con corrosivo sarcasmo il patto “leonino” che codificava non già un presunto stato di natura, ma un vero e proprio stato di guerra attraverso il quale le classi dominanti, i ricchi, appunto, opprimevano e espropriavano le classi subalterne, i poveri.

Questo scriveva il grande filosofo ginevrino nella metà del XVIII secolo. E aggiungeva che nell’involucro di questi rapporti sociali “l’eguaglianza è solo apparente e illusoria”, perché “non serve che a mantenere il povero nella sua miseria e il ricco nella sua usurpazione”, per cui “le leggi sono sempre utili a chi possiede e nocive a chi non ha nulla”. Ecco perché “lo stato sociale giova agli uomini solo in quanto posseggano tutti qualcosa e nessuno di essi abbia qualcosa di troppo”.

Ebbene, cosa è cambiato, di sostanziale, da due secoli e mezzo a questa parte? Non è esattamente questa la condizione in cui versa quattro quinti dell’umanità, malgrado lo stupefacente sviluppo della scienza, della tecnica permetterebbe di risolvere, su scala planetaria, i problemi della fame, della sete, delle malattie endemiche, promuovendo il libero e multilaterale sviluppo di ogni essere umano?

Eppure accade l’esatto contrario. L’apice della modernizzazione tecnologica coincide con l’abbrutimento sino alla riduzione in schiavitù e alla negazione di futuro per masse sterminate di persone, ridotte a merci che producono altre merci al servizio dell’accumulazione capitalistica e dell’appropriazione privata di pochi.

Viene così in chiaro che piccole misure riformistiche non servono a nulla, perché hanno l’efficacia di impacchi caldi su una gamba di legno e assomigliano alle vecchie leggi sulla povertà di vittoriana memoria con cui un pugno di proprietari universali tiene in scacco popoli interi.

Questo è l’assetto del mondo contro cui vogliamo ribellarci. Anche in Italia, dove le forze maggiori che si contendono il potere politico non sono che varianti delle classi dominanti, che hanno fatto a gara nel distruggere i principi, i diritti sociali e civili sanciti dalla nostra costituzione antifascista.

Centrodestra e centrosinistra, M5S e la neonata ma già vecchia peudo-sinistra light di “Liberi ed eguali”, tutti costoro sguazzano nello stesso stagno, non avendo né l’intenzione né la capacità di trascendere l’ordine costituito, l’opprimente supremazia del mercato e delle leggi imposte per servirlo.
Nelle imminenti elezioni politiche proveremo, insieme a quanti e quante non si rassegnano, a mettere in campo una lista che guarda oltre quelle Colonne d’Ercole, una lista fatta da chi agisce il conflitto sociale, in cui si riconosca chi sta in basso e si oppone alla prepotenza vessatoria di chi sta in alto.
Non è che l’inizio, un seme destinato a germogliare.

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