La coppia Minniti-Pinotti,
rispettivamente ministri dell’Interno e della difesa del governo Gentiloni,
hanno compiuto un altro decisivo passo nell’avventura neo-coloniale dell’Italia
decidendo l’invio in Niger di un corpo di spedizione di 470 soldati che
sostituirà la Legione straniera francese nel nobile compito di bloccare la fuga
dei migranti che cercano di entrare in Libia per tentare l’ultimo tratto del
loro “viaggio della speranza”.
Si chiude così la tenaglia
che il governo stringe sui migranti per impedire, via terra e via mare,
l’approdo di quei disperati sulle italiche coste.
Al finanziamento delle tribù
libiche che intercettano le imbarcazioni cariche di profughi destinati agli
immondi lager dove fuori da ogni controllo si praticano l’assassinio, la
tortura e lo stupro, ora si aggiunge l’intervento militare diretto, questa
volta in terra nigeriana, per fermare l’esodo sul nascere e fare proliferare anche
in quel paese i campi di concentramento.
Ecco squadernata in tutto il
suo vergognoso significato la politica verso l’immigrazione del governo
italiano e del suo partito guida, il Pd, secondo il quale la partita si risolve
in un solo modo, con la forza delle armi.
E’ così che li aiutiamo “a
casa loro”, per usare l’ipocrisia di conio leghista: li aiutiamo a morire di
stenti, di violenza, di sopraffazione.
Così questi manigoldi
assestano un altro potente colpo alla Costituzione: all’articolo 2, dove si
legge che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo
(…) e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale”; all’articolo 11, dove il ripudio della guerra come
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali viene sostituito “con l’impegno al mantenimento della stabilità nelle aree
incidenti sul Mare Mediterraneo, al fine della tutela degli interessi vitali o
strategici del Paese”, come prevede il disegno di legge approvato nel febbraio
scorso dal Consiglio dei ministri che consentirà al governo «la
revisione del modello operativo delle Forze armate».
E quali sono gli interessi
strategici del Paese?
Vendere armi, innanzitutto, poiché – come si legge nel Libro Bianco
della ministra Pinotti – l’industria militare è “un pilastro del sistema paese”
che “contribuisce, attraverso le esportazioni, al riequilibrio della bilancia
commerciale e alla promozione di prodotti dell’industria nazionale in settori
ad alta remunerazione”.
Detto in prosa: profitti, nient’altro che sporchi profitti, giacché
l’Italia, in violazione della legge
185/90 che proibisce la vendita di armi a Paesi in
guerra rifornisce di ordigni bellici di ogni genere la coalizione a guida
saudita
condannata dall’Onu per i bombardamenti aerei
indiscriminati sullo Yemen che hanno causato la morte di migliaia di civili.
Un affare da 14 mld e mezzo nel 2016
intermediato da banche come Unicredit,
come la bresciana Valsabbina, come la Popolare di Sondrio e come
l’immancabile Banca Etruria.
Questi
sono gli interessi serviti dal personale politico che ha sequestrato la
sovranità popolare e sventrato la legge fondamentale dello Stato.
Liberarsi
da questi usurpatori è diventato un imperativo a cui non ci si può sottarre.
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