Contro mance dispensate a
dritta e a manca, contro ricatti e profezie di sventura, contro palesi mistificazioni,
malgrado l’occupazione di dimensioni senza precedenti di tutti i canali di
informazione, i cittadini hanno respinto con un voto di proporzioni clamorose,
il tentativo di manomettere in profondità la Costituzione e trasformare
l’Italia in un principato, di inaugurare un regime, di rendere il potere
costituito talmente monolitico e privo di contrappesi da divenire inamovibile.
Renzi ha cavalcato con
un’arroganza e una protervia senza pari la convinzione che la maggioranza degli
italiani lo avrebbe incoronato con un plebiscito.
Solo tardivamente deve
essersi accorto che i conti non tornavano, che l’esca avvelenata non possedeva
le virtù seduttive che egli aveva immaginato. E allora ha rilanciato la sfida,
in forme sempre più ultimative, chiarendo anche ai più sprovveduti che era
sulla sua persona che egli chiedeva di decidere. Ha speculato male, ha
sottovalutato il Paese che pensava di dominare come un caudillo ed ora,
travolto da quasi 20 milioni di no, è costretto a dimettersi, lasciando dietro
di sé un cumulo di macerie, una legislazione sociale che ha contribuito a
devastare la vita di milioni di persone, a partire da quel mondo del lavoro
dipendente che vive la sua peggiore stagione dal varo della Repubblica.
Ora che i cittadini hanno
utilizzato la sovranità popolare per ristabilire le regole del gioco, occorrerà
dedicarsi, senza perdere un solo minuto, a perseguire due grandi obiettivi:
varare una legge elettorale proporzionale, come la vollero i fondatori della
Carta, spazzando via gli orrori del sistema maggioritario, ripristinando
l’uguaglianza del voto, e costruire un movimento per la piena attuazione della
Costituzione del ’48, del progetto di società che vive in esso, lasciato in
sonno per un verso e demolito per un altro attraverso la sistematica elusione e
violazione dei principi fondamentali che ne formano l’ossatura.
L’attacco alla Costituzione
di quest’ultimo anno ha avuto, a dispetto delle intenzioni di coloro che
l’hanno scatenato, un effetto dal quale oggi va tratto tutto il bene possibile.
Quello di riaccendere i riflettori sull’atto fondativo della Repubblica, sul
suo carattere di democrazia progressiva, irriducibilmente antifascista e
antiautoritaria, ostile a qualsiasi revanscismo guerrafondaio, socialmente
connotata, con al suo interno un progetto di società che piega l’iniziativa
privata al bene sociale, che impone allo stato di rimuovere tutti gli ostacoli
che impediscono la realizzazione di un’uguaglianza reale, il pieno sviluppo della
persona umana e che si frappongono alla piena partecipazione dei lavoratori
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Brandire la Costituzione e
farne il vessillo di uno straordinario progetto di rinascita del Paese,
chiamando a raccolta tutte le soggettività disponibili ad ingaggiarsi in questo
cimento: ecco l’opportunità e il compito che sono davanti a noi.
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