martedì 18 ottobre 2016

Renzi, la volpe e il gatto

Il segretario del Partito democratico, nonché presidente del consiglio dei ministri, nonché promotore della riforma anti-costituzionale, nonché munifico dispensatore di prebende, a dritta e a manca, sta dando fondo alle più acrobatiche manovre al supremo scopo di raccattare voti al prossimo referendum.
Poco importa che le coperture finanziare non vi siano. Poco importa se l’Unione europea, rigida custode dei propri dogmi monetari, negherà qualsiasi splafonamento del deficit.
Quello che conta è promettere promettere promettere. Dare l’impressione, cioè sembrare, non essere.  
In questo gioco spericolato Renzi è maestro: fiutare l’aria che tira, muoversi con la scaltrezza dell’illusionista, negare la realtà e inventarne un’altra, inesistente, ma fatta di parole suadenti, condite col piglio e l’ostentata sicurezza dell’imbonitore, del piazzista, certo di potere vendere a buon prezzo il proprio prodotto scadente e riscuoterne il dividendo politico.
Dal ponte sullo stretto all’abolizione di Equitalia, dalle pensioni ai contratti pubblici, dai bonus alle forze armate e di polizia, Renzi cerca di strappare un consenso che sente scivolargli via. Soprattutto egli intuisce che gli argomenti a sostegno della manomissione costituzionale sono labili; fiuta che tanti cittadini, dati per addomesticati, questa volta non stanno abboccando.
E allora si gioca tutto, sapendo che il suo futuro politico è davvero in discussione in una mano sola. Con l’azzardo e la spregiudicatezza del giocatore di poker prova a raccontare la favola che da una sua caduta tanti, dagli industriali ai pensionati, dai finanzieri ai dipendenti pubblici, dai ricchi ai poveri avrebbero solo da perdere e il paese che lui sarebbe impegnato a salvare sprofonderebbe nelle sabbie mobili.
Datemi tutto il potere, dal governo al parlamento, consegnatemi la facoltà di fare e disfare le leggi da solo, toglietemi l’intralcio di dovere fare i conti con una ingombrante magistratura indipendente. Basta favoleggiare di pluralismo e di democrazia, quando il problema è quello di decidere alla svelta e io solo posso essere il depositario di una simile prerogativa, per amministrare il bene di tutti.
Se questo paese avesse sufficiente memoria di sé e della propria storia non ci sarebbe partita. O forse basterebbe ricordare l’insegnamento di Collodi, che raccontava di come la volpe e il gatto turlupinarono Pinocchio convincendolo a seppellire le sue monete d’oro nel campo dei miracoli, dove di lì a poco sarebbe sorto un albero colmo di zecchini d’oro.
Si sa come finì.

Ebbene, dimostriamo a Renzi che noi non siamo burattini di legno.

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