martedì 25 ottobre 2016

Articolo 11

Il presidente degli Stati uniti d’America, Barack Obama, ha voluto esprimere il suo sostegno alla proposta renziana di cambiare la costituzione italiana.
Solo i malati di inguaribile servilismo possono non trasalire di fronte all’ennesimo, gravissimo episodio di ingerenza della più grande potenza mondiale nelle questioni che chiamano in gioco la sovranità del popolo italiano, nientemeno che sulla legge fondamentale del Paese.
Rovesciamo parti e contesto: cosa accadrebbe se il presidente della Repubblica italiana, o il presidente del consiglio, o anche soltanto l’ambasciatore italiano a Washington dovessero permettersi di criticare la Costituzione americana?
Nemmeno immaginabile, vero? Del resto, è nella fisiologia stessa del rapporto fra il padrone e il suo servo che quest’ultimo obbedisca senza discutere.
La relazione fra i due è asimmetrica: l’uno comanda e l’altro obbedisce, senza discutere.
Fra Italia e Stati uniti è sempre stato così.
Sin dal 1947, quando Alcide De Gasperi volò negli Usa e riscosse un assegno di 100 milioni di dollari in cambio dell’estromissione dei comunisti dal governo.
Lo stesso è accaduto in tutte le vicende cruciali della storia politica patria, dalla strategia della tensione, allo stragismo, al piduismo. Sempre, di dritto o di rovescio, è intervenuto lo zampone americano, con la politica o attraverso la mano occulta dei suoi servizi segreti.
Oggi la commedia si ripete.
Obama plaude allo smantellamento della Costituzione preteso da Renzi e si augura che il suo governo resti comunque in sella.
E non fa nulla se il contenuto della riforma renziana è l’esatto opposto del modello americano.
Perché là vige il bicameralismo perfetto e perché l’elezione del presidente non trascina con sé –automaticamente, come avverrebbe in Italia con l’Italicum – la formazione monocolore del parlamento. Là, in America, c’è il bilanciamento dei poteri, qui tutto il potere sarebbe concentrato nelle mani di un partito solo, di un uomo solo.
E allora, perché questo appoggio senza se e senza ma?
Semplice: in cambio dell’invio di truppe italiane in tutti i teatri di guerra ove gli Usa chiamino, direttamente o per il tramite della Nato; in cambio della permanenza sul territorio italiano delle basi militari statunitensi e delle armi nucleari stoccate nelle basi di Ghedi e di Aviano; in cambio della soppressione di fatto dell’articolo 11 della Costituzione che mette fuori legge l’uso della guerra come “strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Ringraziano anche le potenti lobbies dei produttori di armi, protette e blandite dal nostro governo, pronto a promuovere affari con chiunque e di qualunque colore paghi con moneta sonante.
Renzi chiede al popolo italiano di autorizzarlo a gestire un potere assoluto. Abbiamo già visto per fare cosa. Dirgli di no è ancora possibile.

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