Il presidente degli Stati
uniti d’America, Barack Obama, ha voluto esprimere il suo sostegno alla
proposta renziana di cambiare la costituzione italiana.
Solo i malati di inguaribile
servilismo possono non trasalire di fronte all’ennesimo, gravissimo episodio di
ingerenza della più grande potenza mondiale nelle questioni che chiamano in
gioco la sovranità del popolo italiano, nientemeno che sulla legge fondamentale
del Paese.
Rovesciamo parti e contesto:
cosa accadrebbe se il presidente della Repubblica italiana, o il presidente del
consiglio, o anche soltanto l’ambasciatore italiano a Washington dovessero
permettersi di criticare la Costituzione americana?
Nemmeno immaginabile, vero? Del
resto, è nella fisiologia stessa del rapporto fra il padrone e il suo servo che
quest’ultimo obbedisca senza discutere.
La relazione fra i due è
asimmetrica: l’uno comanda e l’altro obbedisce, senza discutere.
Fra Italia e Stati uniti è
sempre stato così.
Sin dal 1947, quando Alcide
De Gasperi volò negli Usa e riscosse un assegno di 100 milioni di dollari in
cambio dell’estromissione dei comunisti dal governo.
Lo stesso è accaduto in tutte
le vicende cruciali della storia politica patria, dalla strategia della tensione,
allo stragismo, al piduismo. Sempre, di dritto o di rovescio, è intervenuto lo
zampone americano, con la politica o attraverso la mano occulta dei suoi
servizi segreti.
Oggi la commedia si ripete.
Obama plaude allo
smantellamento della Costituzione preteso da Renzi e si augura che il suo
governo resti comunque in sella.
E non fa nulla se il
contenuto della riforma renziana è l’esatto opposto del modello americano.
Perché là vige il
bicameralismo perfetto e perché l’elezione del presidente non trascina con sé
–automaticamente, come avverrebbe in Italia con l’Italicum – la formazione
monocolore del parlamento. Là, in America, c’è il bilanciamento dei poteri, qui
tutto il potere sarebbe concentrato nelle mani di un partito solo, di un uomo
solo.
E allora, perché questo
appoggio senza se e senza ma?
Semplice: in cambio
dell’invio di truppe italiane in tutti i teatri di guerra ove gli Usa chiamino,
direttamente o per il tramite della Nato; in cambio della permanenza sul
territorio italiano delle basi militari statunitensi e delle armi nucleari
stoccate nelle basi di Ghedi e di Aviano; in cambio della soppressione di fatto
dell’articolo 11 della Costituzione che mette fuori legge l’uso della guerra
come “strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali”.
Ringraziano anche le potenti lobbies
dei produttori di armi, protette e blandite dal nostro governo, pronto a
promuovere affari con chiunque e di qualunque colore paghi con moneta sonante.
Renzi chiede al popolo italiano di autorizzarlo a
gestire un potere assoluto. Abbiamo già visto per fare cosa. Dirgli di no è
ancora possibile.
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