Mdp, il movimento dei
transfughi dal Partito democratico capeggiati da Bersani e D’Alema, ha fatto
ieri l’altro il suo esordio politico-programmatico.
A tirare le somme, tutta la
novità sta nella lotta dura e senza paura contro Renzi, unico e solo
responsabile della deriva autoritaria e anti-lavorista del partito, cavaliere
fedifrago da disarcionare al più presto. Per andare dove, vi chiederete? Ma per
tornare al Pd, ovviamente e, in ogni caso, ad una coalizione di centrosinistra
capace di fare quelle cose giuste che la torsione di Renzi, amico di Davide
Serra, finanziere "con il conto alle Cayman”, rende
impossibili. E quali sono le stupefacenti novità che rappresentano il lievito
della neonata formazione politica?
State a sentire: Il lavoro – spiega Bersani – che viene dagli investimenti, non dagli sgravi e dai bonus;
poi l'innovazione in campo industriale e dei servizi e un grande piano di
manutenzione del Paese sul territorio. La prima cosa da fare – aggiunge D’Alema
– è “cambiare la Bossi-Fini”, ma - udite udite – per tornare alla
“Turco-Napolitano”(!).
Tutto
qua? Sì, tutto qua. Con qualche chiacchiera di contorno, raschiata dal barile
delle reminiscenze di un tempo, sul rischio che lo spettro della guerra si
riaffacci prepotentemente sulla scena mondiale, sul nuovo umanesimo da
rimettere in pista, sulla lotta alle diseguaglianze in un mondo dove “otto
famiglie detengono le stesse ricchezze della metà più povera
dell'umanità", sulle “ingiustizie così profonde da mettere in discussione
la stessa tenuta dei sistemi democratici”.
Ma
poiché anche nel dramma talvolta spunta il ridicolo, questi quasi impalpabili
proponimenti, privi di qualsiasi riferimento programmatico, sono parsi a Walter
Veltroni una fuga estremistica se, intervistato da Maria Latella su SkyTG 24, egli
ha sentito il bisogno di invitare i suoi amici di un tempo a non affrontare
"i temi del lavoro come si faceva nel 900”, perché “si può essere
nostalgici – ha detto - ma quel mondo non c'è più".
Invano
vi sforzereste di trovare, al di là di questo frasario frusto, di questi
“imparaticci” tipici del più imbelle e ipocrita progressismo, una qualche
analisi sulla natura del capitalismo nel tempo presente; una proposta che
riveli un qualche concreto contenuto circa il modo di dare sostanza
all’invocato ritorno in auge dell’articolo 1 della Costituzione; o uno straccio
di idea su come restaurare la sovranità popolare violata dai trattati europei; o
una proposta su come rilanciare il ruolo dello Stato nella programmazione
economica, o un progetto che renda credibile l’obiettivo della piena
occupazione attraverso un piano per il lavoro e la riduzione del tempo di
lavoro; o la ricostruzione di un sistema di protezione sociale devastato da
decenni nei quali il welfare è stato deliberatamente picconato.
Del
resto, chi come Bersani ha contribuito alla liquidazione dell’articolo 18,
all’abolizione delle pensioni di anzianità, alla trasformazione del mercato del
lavoro in un mercato delle braccia a basso costo, alla privatizzazione dei
servizi pubblici sociali, come può oggi rifarsi una verginità lavorista? E come
può dichiarare la propria ammirazione per papa Bergoglio che tuona contro la
guerra quel D’Alema che nella sua breve stagione da presidente del consiglio
autorizzò i Tornado a levarsi ogni sera dalle basi militari di Ghedi e di
Aviano per scaricare il loro carico mortale su Belgrado?
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