Dopo decenni nei quali si
assisteva ad un decremento degli infortuni e delle morti sul lavoro (in misura
comunque e sempre elevatissima) oggi assistiamo al trend inverso.
Infatti nei primi sette mesi
dell’anno i primi sono cresciuti dell’1,3%, le seconde addirittura del 5,2%.
I cantori del nostro
decrepito regime hanno tentato di spiegare con un trucco l’aumento degli
omicidi bianchi, hanno cioè raccontato che all’origine del fatto vi è la
risibile ripresa produttiva di questi tempi e l’aumento (altrettanto risibile)
dell’occupazione.
Ma la bugia ha le gambe corte
perché è proprio l’Istat a rivelarci che nel complesso dell’industria e dei
servizi il numero delle ore lavorate è diminuito, come conseguenza dello sviluppo
crescente dei lavori precari e discontinui.
Il che rinvia alle vere cause
di questa ulteriore compromissione delle condizioni di lavoro: pochi
investimenti in sicurezza, misure di prevenzione prossime allo zero, formazione
inadeguata, occupazione instabile e precaria, organi di controllo e
sorveglianza ridotti ai minimi termini, scarsa o nulla efficacia della
rappresentanza sindacale.
Tutto ciò che si condensa in
una sola formula: dilaga ormai senza argini lo sfruttamento del lavoro, spesso
in forme primordiali, autorizzate da politiche che hanno indebolito i
lavoratori davanti al padrone, rendendoli succubi di ogni sorta di ricatto.
A questa infamia se ne
aggiunge un’altra: per la prima volta dalla promulgazione della Repubblica, la
“speranza di vita diminuisce”: in altre parole, si muore prima.
Qui i corifei governativi
tacciono.
Ma le ragioni sono
altrettanto semplici.
La parte più debole della
popolazione, le persone che vivono al di sotto della soglia di povertà e quanti
si trovano in un’area di prossimità all’indigenza non si curano più, perché le
medicine e le visite ambulatoriali costano: sono 11 milioni gli italiani che
hanno rinunciato alle prestazioni sanitarie.
Il tutto in un quadro
aggravato dal peggioramento dei servizi pubblici, mentre sale vorticosamente la
spesa sanitaria privata, arrivata a 34,5 mld di euro. Che significa “più sanità,
ma soltanto per chi può pagarsela”.
Per questo la prevenzione di
cui parla la propaganda governativa non è altro che un esercizio di cinica ipocrisia
e il diritto alla salute un altro precetto costituzionale buttato nel cestino.
Del resto, i salari italiani,
con una contrattazione collettiva che quando va bene racimola briciole, sono i
più bassi nell’Europa dei 15, superiori solo a Spagna e Portogallo, mentre il
potere d’acquisto delle pensioni è crollato in 15 anni del 33 per cento e la
situazione è destinata a peggiorare ulteriormente grazie al blocco della
rivalutazione annuale introdotto dalla riforma Fornero.
Quindi, delle due l’una: o
riusciamo a mandare al macero questa sciagurata politica e con essa le classi
sociali e il personale politico che le propugna, oppure dei diritti sociali
solennemente scolpiti nei fondamentali principi costituzionali non resterà
traccia per le generazioni future.
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