lunedì 23 ottobre 2017

Guerra per banche, guerra fra massoni



 Che Bankitalia responsabile della mancata vigilanza sui crac bancari non abbia vigilato affatto ed abbia, anzi, girato la testa da un’altra parte “lo sanno anche i bancomat”, come scrive con efficace sarcasmo Marco Travaglio.
Altrettanto lampante è che Ignazio Visco, “detto Tutto-va-ben-madama-la-marchesa” – scrive ancora con tagliente umorismo il direttore del Fatto Quotidiano – in un paese serio “non sarebbe più governatore da un pezzo”.
E allora, perché prendersela col “povero” Renzi che ora ne chiede la testa?
Per una ragione semplicissima, e cioè che per anni il duo Renzi&Boschi ha lasciato marcire le crisi bancarie, “per non turbare l’ottimismo obbligatorio fino al referendum del 4 dicembre 2016”.
In quel tratto di tempo il conto di quel disastro finanziario è cresciuto fino ad oltre sessanta miliardi e i conto è stato messo a carico dello Stato, cioè su tutti noi.
Ma c’è di più, perché lo “scaricabarile” sulla banca centrale serve a mascherare due magagne grandi come un condominio.
La prima è la responsabilità diretta e personale di Maria Elena Boschi in una delle vicende più scabrose fra i crac finanziari italiani, quello di Banca Etruria, che la signorina di Laterina ha cercato in ogni modo di coprire, abusando del proprio potere, negando e spergiurando la propria estraneità di fronte al parlamento, insieme alle pesanti responsabilità del padre che della banca di Arezzo era vicepresidente.
La seconda è che nel preteso licenziamento di Visco si nasconde non la voglia di pulizia, non l’esigenza di restaurare la credibilità gravemente compromessa della Banca centrale, non l’intento di riguadagnare la fiducia popolare verso i compiti di vigilanza di un ufficio che dovrebbe vegliare con scrupolo istituzionale sul risparmio degli italiani, ma la vendetta nei confronti di Visco, reo di avere chiesto il commissariamento della banca del papà della sottosegretaria alla presidenza del consiglio e di averlo multato.
Ora Renzi, recidivo nel considerare gli italiani una mandria di buoi, vende la sua personale crociata come un’iniziativa meritoria, ispirata al rispetto che si deve ai risparmiatori. E dal trenino che lo porta nel peripatetico viaggio propagandistico in giro per l’Italia ordina l’attacco a Visco. Ma da dove è uscita quella mozione? Perché nessuno ne sapeva nulla: non il partito, non i gruppi parlamentari. Cadono dalle nuvole sia il presidente del consiglio sia il capo dello stato.
Po si scopre il mistero: la prima firma sulla mozione di sfiducia la mette tale Silvia Fregolent, deputata che non ha alcuna competenza sulla materia, ma ha il merito di appartenere al ristretto cerchio magico boschiano.
Si tratta, palesemente, di un prestanome e, precisamente, il prestanome di Maria Elena Boschi, vera autrice del papello, nuovamente protagonista spudorata di un mastodontico conflitto di interessi che ogni giorno si gonfia di nuovi episodi.
La vituperata ditta Renzi&Boschi si muove ormai come una bussola impazzita, ma a guidarne le malefatte, nell’ombra e tuttavia sempre più visibili, agiscono lobbies e poteri corruttori; poteri che hanno da tempo espropriato quella sovranità che secondo la nostra Costituzione dovrebbe appartenere al popolo.
C’è solo da chiedersi come sia possibile che costoro tengano in ostaggio un paese intero.

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